Il brevetto, depositato in Europa e negli Stati Uniti, verte sui giochi online tradizionali per PC e console, ma risulta particolarmente significativo se applicato ai mondi virtuali che implicano la simulazione della vita reale, Second Life in primis.
È così che nel bel mezzo della sessione di gioco, le pareti dei palazzi che sfilano accanto al giocatore, i cartelloni che tappezzano i bordi dello stadio in cui si sta svolgendo un torneo online, potrebbero iniziare a pubblicizzare bibite e spuntini, instillando nel gamer la voglia di concedersi una pausa appetitosa. Naturalmente senza indurlo a sfidare la sedentarietà: potrebbe bastare una email inviata alla pizzeria che effettua consegne a domicilio, proprio quella consigliata dall'annuncio contestuale e localizzato, che spicca accanto all'avatar ansante, sfinito da ore di attività.
Ma non è tutto: la questione si fa ancora più inquietante nel momento in cui la profilazione si spinge nell'ambito psicologico. Le decisioni prese dagli avatar (giocatori nei metamondi), dagli attributi fisici dei propri personaggi alle scelte riguardo all'interazione con gli oggetti, sono dettagli preziosi mediante i quali tracciare un profilo psicologico e comportamentale dei consumatori. Comprendere se il player, registrato con i propri dati personali, sia una persona disposta a correre rischi o si dimostri prudente, se assuma atteggiamenti cooperativi o egoisti, aggressivi o rinunciatari, si rivela fondamentale per gli inserzionisti, interessati a recapitare le loro offerte ad un target quanto più mirato possibile, sul quale ancora non possono contare.
In questo modo, si legge nel testo che descrive l'invenzione, gli avatar che scorrazzano nei metamondi alla ricerca di nuovi scenari da ammirare saranno bersagli ideali per gli operatori turistici, mentre coloro che tendono a stringere legami con altri giocatori saranno bombardati dalle offerte di prodotti per la comunicazione, dai software per l'instant messaging ai prodotti per la telefonia mobile.
Intervistato da The Guardian, il responsabile che ha parlato a nome di Google sembra aver voluto mantenere l'alone di segretezza riguardo al progetto, associandolo ai tanti brevetti che, ancor privi di un modello di business, potranno in futuro garantire a BigG una edge tecnologica. Certo è che il recente assorbimento di DoubleClick, e, ancor di più, l'acquisizione della compagnia di pubblicità in-game Adscape, praticamente contemporanea al deposito del brevetto, fa sospettare che l'invenzione possa rimanere inutilizzata per tempi brevi. Fa presumere che Google possa farsi largo, come intermediario, in un mercato della pubblicità in crescita vertiginosa, colonizzando l'intero mondo del product placement nei videogiochi online.
Search Engine Watch avanza preoccupazioni in merito: a suo dire Google sta definitivamente abbandonando il candore del suo "Dont't be evil" per assumere le sembianze di un Grande Fratello che tutto scruta, sbirciando dal cavallo di Troia dei giochi online , dopo quello dei log delle navigazioni, attraverso Google Toolbar. Un Grande Fratello che potrebbe sfruttare i dati in suo possesso nelle infinitediramazioni del suo modello di business, in qualità di advertising company.
Anche le associazioni che lottano in favore dei diritti digitali leggono nella strategia di Google un attentato alla privacy dei netizen. Un responsabile di Electronic Frontiers Australia, intervistato nel corso di un programma del broadcaster pubblico australiano, richiama l'attenzione sulle possibili richieste di subpoena che le autorità USA potrebbe avanzare. I dati raccolti da Google potrebbero venire impropriamente utilizzati per categorizzare i cittadini sulla base di comportamenti assunti nei mondi virtuali, ambienti di sperimentazione e sfogo per eccellenza.
Minacciosi gli scenari che potrebbero configurarsi nel caso in cui le compagnie private si appropriassero dei profili dei videogiocatori: assicurare un'automobile ad un prezzo accessibile potrebbe costare la rinuncia alle corse spericolate su bolidi di pixel.
Fonte: PuntoInformatico